Immersi nel verde di Milano Marittima, 4 moschettieri animano le notti nell’amena località romagnola. Sono amici e collaborano da tempo sulla spiaggia del Papeete e alla Villa. Il Verde è una sorta di fil rouge tra i quattro: dalla natura rigogliosa in cui si inserisce il Papeete al verde del green a quello dei campi da calcio. Pronti a conoscere da vicino i mousquetaires?

Interviews Tommaso Manetti e Lorella Monchi

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Marco Soldini

Rendere business una passione è il sogno di molti. La famiglia Soldini-Casanova (zio Massimo e mamma Rossella con i figli Marco e Luca) ci è riuscita, creando prima il Papeete Beach, poi Villa Papeete e cambiando per sempre il modo di divertirsi degli italiani. >bmmZONE presenta il primo dei : Marco Soldini.

Il vostro è un vero proprio brand: una realtà che conta più di 400 dipendenti, diversi stabilimenti balneari, un ristorante, un angolo sushi, due strutture alberghiere, campi sportivi, un locale notturno, una linea di abbigliamento, compilation musicali, feste in giro per tutto il Paese che riprendono il vostro concept. Siete stati anche i pionieri dell’Happy Hour in Italia, inaugurando una nuova idea di divertimento. Com’è nata questa idea vincente? Diciassette anni fa, da un’intuizione di tutta la famiglia Soldini-Casanova. Siamo sempre stati grandi viaggiatori, vivendo e lavorando durante la stagione estiva, in Romagna, per il resto dell’anno inseguivamo l’estate all’estero. Questo step è stato fondamentale, ci ha dato la possibilità di aprire la mente ed essere ispirati da quello che vedevamo. L’idea di una spiaggia in cui la gente potesse ballare intorno a un chiringuito ci ha subito affascinato. Era un modo di divertirsi giovane, fresco, easy, e ci siamo chiesti come mai nessuno avesse ancora portato questa idea qui da noi. Sicuramente l’Italia è un paese diverso… difficile organizzare dj set con i nomi più importanti del panorama internazionale, ma abbiamo risorse fantastiche che appartengono solo a noi. Il nostro viaggio partì così; certo all’epoca non immaginavamo di ottenere il successo che abbiamo riscosso, ma i sogni vanno inseguiti! Il tutto è stato gestito internamente in modo “casalingo” e proprio per questo, dopo il successo di Papeete Beach, ci è sembrato naturale creare una discoteca nel “giardino di casa”: da qui Villa Papeete, nel 2003. E a distanza di quattordici anni dall’apertura, quest’anno abbiamo registrato l’inizio stagione migliore di sempre. Come dire… si può ancora crescere!

Chi è il cliente ideale del Papeete? Chiunque voglia staccare la spina passando qualche ora spensierata in spiaggia, sentendosi come in vacanza.

La musica è ovviamente l’anima di ogni locale, siete riuscire a imprimere il vostro marchio di fabbrica in questo campo, la compilation Papeete è ormai alla sua quindicesima edizione… Ne siamo molto orgogliosi, il progetto nasce come indipendente, ma oggi siamo prodotti e direttamente distribuiti da Sony Music Italy.

Papeete brand di abbigliamento. Ce ne parli? Anche in questo caso abbiamo cercato di mantenere una forte identità, non seguendo le mode, ma solo ciò che ci piaceva. Fortunatamente siamo sempre stati creativi e anche in questo caso la scommessa si è rivelata vincente.

C’è un altro posto nel mondo che ti senti di poter chiamare casa? Sì, Miami. So che ultimamente è una meta inflazionata, ma penso che in molti non ne godano nel modo giusto. Miami, e la Florida più in generale, non è solo festini sulla spiaggia, ci sono posti meravigliosi come le Florida Keys e l’Everglades che ne rivelano un’essenza più intima ed autentica.

Uno dei temi del nostro numero è Ever Greenery. L’identità di Papeete è fortemente legata al contesto in cui nasce. Che rapporto avete con l’ambiente? La natura ci coinvolge e ci appassiona. Villa Papeete sorge all’interno di un giardino e non c’è bisogno di specificare che Papeete Beach è una spiaggia. L’ambiente è al centro, una parte fondamentale del modo in cui intratteniamo le persone.


Stefano Cassani

Figlio di Davide Cassani, CT della nazionale italiana maschile élite di ciclismo su strada, Stefano ha dirottato dall’asfalto al verde dei campi da calcio. Allenatore dei Giovanissimi del Ravenna FC, durante l’estate Cassani si occupa del settore animazione di Villa Papeete, in un gioco di squadra che è scritto nel suo DNA.

Sei una specie di supereroe: di giorno allenatore di calcio, di notte organizzatore di eventi. Come concili la tua ‘doppia vita’? In realtà riesco a mantenere un equilibrio perché lavoro con il Papeete solo durante la stagione estiva, quando quella calcistica è ferma. Occupandomi del settore giovanile, i ragazzi ora sono in vacanza e riprenderanno nel momento in cui qui saremo in chiusura.

Come dici, ti occupi del settore giovanile del Ravenna FC… com’è lavorare con ragazzi così giovani? La cosa più bella è che ciò che fai è ripagato. Le menti dei ragazzi sono molto più libere delle nostre, meno piene di preoccupazioni e/o sovrastrutture. Sono come delle spugne, pronti ad apprendere, in questo modo diventano uno specchio del tuo lavoro: se lavori bene hai ottimi risultati diversamente non raccoglierai molto. Questo non è possibile quando alleni una squadra composta da giocatori adulti, già pieni di pregiudizi. Quello che importa ai “miei” è, invece, che io sia lì per loro, dal primo all’ultimo.

Tuo padre, oggi CT della nazionale ciclistica e noto commentatore, ha scelto uno sport più solitario, mentre tu hai votato la tua vita a uno di squadra. Credi che due scelte così diverse corrispondano a due personalità altrettanto diverse? Non credo sia una questione di tipo di sport, quanto piuttosto della mentalità che hai nel praticarli: si può essere ‘solisti’ nel calcio così come essere un uomo-squadra nel ciclismo. Mio padre, sotto questo aspetto, è identico a me, non è un caso che in questo momento riscopriamo lo stesso ruolo anche se, ovviamente, a livelli diversi. Mio padre non è nato come talento naturale del ciclismo, per questo ha basato la sua carriera sul gestire la gara con intelligenza e sul gioco di squadra. Se è stato azzurro per nove volte ai Mondiali lo deve proprio a questo tipo di intelligenza tattica.

Come nasce invece il tuo ruolo all’interno del Papeete? Grazie a Marco, a Luca e ai loro genitori. L’intera famiglia Casanova-Soldini mi ha accolto quando avevo appena 19 anni. Io allenavo già allora, ma ero fermo durante la stagione estiva, eravamo amici, ci frequentavamo e ci univa un rapporto di amicizia e di stima. Iniziai come tuttofare, poi io e Marco ci siamo resi conto di essere in piena sintonia nella ‘mania per i dettagli’, che a parer nostro fanno la differenza, e così ho iniziato ad occuparmi della parte operativa dell’animazione, sotto la sua direzione artistica.

Parliamo di Eternal Youth: frequentare un ambiente giovane aiuta a mantenersi giovani? Esiste un momento in cui dire basta? Sicuramente sì. Magari un giorno il percorso che ho intrapreso all’interno dell’animazione notturna subirà una battuta di arresto, anche perché augurandomi di crescere come mister avrò sempre meno tempo per fare altro, tuttavia non credo ci sia un vero e proprio momento in cui smettere di frequentare luoghi come questo. La mia filosofia è: se una cosa ti rende felice, falla finché ti far stare bene! Quello che oggi mi emoziona è il mio ruolo da allenatore, ma anche il mio lavoro qui perché sto meravigliosamente, mi sento in famiglia, a casa: ciò che faccio qui non lo farei per nessun’altro!


Andrea Bolognesi

Tornato a essere disciplina olimpica, e con Roma che ospiterà la Ryder Cup di Golf nel 2022, l’interesse mediatico per questo sport è cresciuto esponenzialmente anche in Italia. Ma quanto è davvero popolare il golf? Ne parliamo con un professionista del green.

Nato nel lontano 1457 (ma secondo alcuni si praticava già in epoca romana), il golf ha raggiunto negli ultimi anni picchi di popolarità mai visti, riuscendo a collocarsi tra i dieci sport più popolari nel mondo. E se al primo posto resta il calcio, non si può non osservare come il golf – che muove un giro d’affari mondiale di oltre 70 miliardi di euro l’anno – faccia intravedere opportunità straordinarie.

Bolognesi, cresciuto a Milano Marittima, dopo una buona carriera da dilettante in cui ha vestito la maglia azzurra, è passato professionista alla fine del 2012, dopo essersi assicurato una “carta” piena (categoria 6) con il 27° posto alla Qualifying School dell’Alps Tour. In un numero dedicato al Green(ery), non potevamo non parlare con lo ‘specialista del Green’ Andrea Bolognesi.

Quando e com’è nato il tuo interesse per questo sport? Ero piccolo, circa 6-7 anni quando mio padre mi fece avvicinare al campo da golf. Onestamente, fino ai 13-14 anni ero molto combattuto perché mi piaceva il calcio… poi, quando ho capito che il golf mi offriva maggiori opportunità, ho compiuto la mia scelta definitiva.
Essere golfista professionista significa dedicarsi esclusivamente al golf? Quanto ti alleni? L’allenamento in questa disciplina è molto soggettivo, nel senso che ogni professionista ha il suo staff, composto da allenatore, preparatore e così via, solo loro che dettano i ritmi. Diciamo che quando la stagione è buona mi alleno tutti i giorni per circa tre, quattro ore. D’inverno la preparazione è, invece, più mirata allo swing perché oltre alla tecnica, nel golf è indispensabile raggiungere un’ottima preparazione fisica…

Si viaggia molto e anche lontano per le varie competizioni. Il green che ti ha più colpito? L’esperienza più bella l’ho fatta con la Nazionale azzurra in Cina. Si trattava di una gara particolare, con 10 mila atleti perché erano le universiadi, quindi c’erano tanti altri sport a parte il golf… un’esperienza particolare, ma bellissima.

E la gara più importante che hai vinto? Il Bronzo agli europei a squadre… poco prima di diventare professionista.

Dicci i tre pregi esclusivi che ti fanno preferire questo sport? La tensione che nessun’altra disciplina ti trasmette così forte (perché il golf è rilassante solo se non lo pratichi da professionista). Il viaggiare nel mondo. E poi la bellezza dei contesti naturali che accolgono i campi da golf… dopo un po’ ti ci abitui, ma è la prima cosa che impressiona.

È vero che, dato il tempo che s’impiega per fare 18 buche, sul green si fanno affari, amicizie, incontri? Soprattutto affari, anche a me è capitato per eventi e sponsorizzazioni…

Cioè? Da qualche tempo mi dedico all’organizzazione di eventi, due Pro Am, una a Cervia e una al Riviera Golf di San Giovanni in Marignano e poi un Challenge in spiaggia con il Papeete con cui siamo presenti anche nell’evento di Cervia. Molte collaborazioni sono nate giovando sul green.

Non si vive di solo golf, quindi? Sono molto in sintonia con la vita di Milano Marittima… Sono molto vicino alla “famiglia Papeete” e ho anche l’hobby del djing. È divertente perché una volta, mentre suonavo, qualcuno mi ha riconosciuto e sulle prime è rimasto un po’ confuso.

Ma si è sempre in età per il golf, giusto? La carriera non ha quasi fine, anche se io ho scelto di dedicarmi di più agli eventi, e per questo giocherò un po’ meno quest’anno.

Nel film La Leggenda di Bagger Vance, a un certo punto Jack Lemmon dice: «Il golf è un gioco che non può essere vinto, ma solo giocato. Così io gioco e continuo a giocare. Gioco per i momenti che devono ancora venire, cercando il mio posto in campo.» È così anche per te? Ammetto che in questo sport sono più gli schiaffoni, ma le poche carezze ti ripagano di tutto!


Checco (bibita) Pasquali

“È la febbre della gioventù che mantiene il resto del mondo alla temperatura normale. Quando la gioventù si raffredda, il resto del mondo batte i denti”, scrisse George Bernanos. A garantire ‘temperature bollenti’ in questa estate 2017 c’è un’insider della movida romagnola: Checco Pasquali.

Se dovessimo chiedere alle persone di definirti, in molti userebbero il termine Viveur, per te che significato ha questa parola? Per me è qualcuno che riesce a godere delle cose, anche di quelle piccole o apparentemente insignificanti, più degli altri. In ambito notturno potremmo definire Viveur qualcuno armato di spirito godereccio cui piaccia far le ore piccole. Io l’ho sempre fatto, anche perché il mio lavoro è legato al mondo della notte.

Ti occupi di pubbliche relazioni. Qual è l’aspetto più difficile di questo lavoro e quello che, invece, ti da più soddisfazione? Trovare la pazienza di essere gentile con chi ti telefona sapendo di farlo in un momento sbagliato e pretende, magari all’una di notte e dopo mesi che non si fa sentire, che io gli trovi un omaggio o un tavolo. Fa comunque parte del gioco, lo sai, diventa normale e alla fine ti ci abitui… La cosa che invece mi appaga di più è vedere i clienti divertirsi. Faccio quello che faccio soprattutto per passione, quindi ci tengo molto. Il segreto è pensare sempre a come sarebbe se fossi io dall’altra parte, a ciò che vorrei io in prima persona…

E i ritmi di lavoro? In questo periodo sono fitti e intensissimi, anche perché gli appuntamenti da seguire sono tanti… il sabato con Villa Papeete, mentre per Papeete Beach ci sono ben tre format differenti: venerdì musica commerciale, sabato happy hour, domenica ritmi latini. Del resto il lavoro del pr non conosce regole e orari!

Da insider del mondo della notte ci racconti perché la movida romagnola non ha eguali? Tutta la costa romagnola vive di turismo, e questo obbliga a innovarsi e a reinventarsi di anno in anno. Ed è molto stimolante questo aggiornamento costante. Non è un caso che, ad eccezione di Milano, non ci sia posto in Italia paragonabile alla nostra Riviera. Gli altri provano a imitarci, ma è la nostra esperienza a fare la differenza, mi riferisco a come attirare un cliente, a come coccolarlo, divertirlo e riuscire poi a fidelizzarlo. Del resto la cordialità della nostra Terra non la trovi da nessun’altra parte!

Uno dei temi del nostro numero è l’eterna giovinezza. Tu come immagini Checco tra 20/30 anni? I giovani sono al centro dell’intrattenimento dopo il tramonto, oggi però qualcosa sta cambiando… ci sono anche persone più adulte che frequentano i locali. Per quello che mi riguarda, penso che potrei ancora seguire qualche evento o serata particolare… a cinquanta o sessant’anni l’ideale è una tantum e in giusta compagnia!