È una delle icone dell’industria calzaturiera, anche perché ha saputo portare come nessuno il concetto di artigianalità italiana a un livello successivo. In perenne viaggio nel mondo, Giuseppe Zanotti continua ad avere un forte legame con la sua terra natia, la Romagna, dove si trovano la sua casa e il quartier generale dell’azienda. Proprio qui lo abbiamo raggiunto, qualche giorno fa, per intervistarlo.

Se ti fa un cenno col capo indicandoti di essere al telefono, ma che arriverà subito, potresti ingannare l’attesa immaginando chi c’è dall’altra parte: Beyoncé? Malik? J-Lo? Kanye West o Ridley Scott?

Poi, quando ti raggiunge, si rivolge a te (comune mortale) proprio come farebbe con una delle tante celebrities di cui è amico. Giuseppe Zanotti ha mantenuto quell’approccio easy-going che suscita meraviglia nella gente, consapevole di trovarsi al cospetto di una star.

Se lui non è cambiato, di sicuro il suo design si è evoluto nel tempo “Ciò è avvenuto, e continuerà ad avvenire, gradualmente e in modo spontaneo. È come aggiungere, a ogni stagione, un capitolo nuovo al libro che stai scrivendo e quindi in qualche modo un aggiornamento continuo del tuo lavoro. Sicuramente rispetto agli esordi si è esteso, l’offerta di prodotto sul mercato si è notevolmente ampliata: ci sono più categorie, una moltitudine di tacchi e forme con cui esprimersi ed è tutto più articolato. Si studiano creazioni adatte per il giorno, per la sera e si differenziano per ogni occasione, con un nuovo focus anche sull’uomo e sul bambino, oltre che sulla donna. Diciamo che si è allargato il perimetro d’azione.

Quest’anno hai realizzato due limited edition in collaborazione con Zayn Malik e Jennifer Lopez. Dunque la musica è la costante della tua vita, anche creativa…? 

Quando disegno parto sempre da una playlist con una cinquantina di canzoni, il motto del mio processo creativo potrebbe essere “first music, second shoes”. Ascolto di tutto, dai Nirvana ad A$ap Rocky. C’è sempre una stretta relazione tra la musica che ascolto e le mie collezioni. Il rock, ad esempio, è un genere che influenza di continuo ciò che faccio. La musica è fondamentale, per me rappresenta una delle più importanti emozioni. É la musica a rifornirmi di energia per creare le mie scarpe, e non solo! Credo che l’arte in generale sia una fonte straordinaria cui attingere perché dentro ognuno di noi c’è un lato artistico, ed esporci ad essa lo fa emergere. Parlando ad esempio di cinema, Blade Runner, capolavoro del mio amico Ridley Scott, è stato per me un serbatoio stilistico da cui attingere a piene mani negli anni Ottanta. A quei tempi ero ancora un designer freelance. Oggi, ad ogni nuova collezione, invio a Ridley le mie scarpe.

Hai mai disegnato una scarpa ispirato da una donna in particolare? 

Sì, ad esempio il modello che abbiamo battezzato Ella fa riferimento a Ella Fitzgerald. In queste scarpe ho voluto racchiudere la sua anima, jazz e blues insieme. Ne è nato un modello da sera molto lussuoso, con lacci, swarovski e tacco a stiletto.

C’è un luogo che possiamo definire improbabile, che ti ha ‘ispirato’? 

Spesso l’aereo, perché sono isolato e non uso il telefono… perciò mi rilasso molto e riesco a trovare la giusta concentrazione e ispirazione.

Occorre più istinto o più tecnica nel processo creativo? 

Entrambi sono elementi importanti. L’istinto e l’ispirazione sono il passo verso una nuova scoperta. La creatività è un elemento che va sempre ricercato: esistono continue nuove sfide e tecnologie che ti portano a stimolare il tuo lato creativo e la tua voglia di impiegare le energie in qualcosa di nuovo e innovativo. La tecnica, invece, è fondamentale, è quella che mi ha permesso di iniziare questo lavoro. Se non avessi maturato un certo bagaglio tecnico non sarei riuscito a realizzarmi in questo settore.

Hai sviluppato una tendenza in particolare nella collezione del prossimo Autunno-Inverno? 

Non c’è mai quello che si definisce propriamente “trend”. È più come in un album o una playlist, dove ci sono diversi brani musicali e quindi diverse storie che sono legate fra di loro e che raccontano la stessa storia. Hanno affinità fra loro, nonostante possano anche essere a contrasto, ma nella presentazione compare comunque armonia ed è questa la sfida più importante: proporre diversi stili insieme, in modo armonico.

Parli spesso dell’importanza del gruppo di lavoro. Il tuo com’è? Come lo hai plasmato e che rapporti hai con la crew? 

È avvenuto un po’ alla volta, quindi rispetto a 20 anni fa, quando è iniziato tutto, il processo è certamente più esteso. Un tempo c’era una persona che faceva tutto, oggi con la ricerca di forme, volumi, tacchi, materiali, ricami e gioielli, tutto il lavoro è fatto da un team di più persone che è diretto in modo costante. I rapporti sono quindi intensi nei periodi più concentrati, tanto che a volte si prolungano anche nei weekend. In altri momenti, invece, il lavoro è più disteso e si può parlare anche di rapporto d’amicizia.

Il tuo nome è legato a doppia mandata alle calzature. Produci però anche una linea ready-to-wear… 

La nostra non è una vera e propria linea, si tratta principalmente di qualche capo in pelle studiato come accessorio da abbinare alle calzature. Mi diverte lavorare su questo: penso che aggiungere accessori come le borse, qualche gioiello e anche qualche capo d’abbigliamento renda la nostra collezione più viva e completa.

Il tuo rapporto con il concetto di sostenibilità? 

Consapevoli del fatto che alcuni tipi di tessuto possono contaminare la pelle quando sono a contatto, noi investiamo su pellami assolutamente trattati in modo naturale, senza sostanze chimiche dannose per la salute, tramite laboratori controllati, interni ed esterni. I nostri prodotti sono Made in Italy e la nostra filiera è completamente controllata.

Fortuna e talento, cosa serve di più nella vita? La fortuna la puoi avere, ma non puoi contare solo su quella ogni volta, a un certo punto occorrono anche altri aspetti. Il talento è ovviamente importante, ma anche questo non è sufficiente, va accompagnato da dedizione e pazienza. Quella dello shoe designer è una vetta difficile da scalare, è tortuosa, complessa e con molti imprevisti. Quindi, direi che il giusto mix è da dato da una dose di fortuna, una di talento e tanto lavoro e tempo dedicati alla missione.

E a proposito di tempo che passa… Ti spaventa? 

Non mi spaventa affatto, è un’evoluzione: con gli anni si diventa più saggi e si riesce, a volte, anche a prendere col sorriso quelli che fino a poco tempo prima parevano problemi insormontabili. Nel mio caso si diventa un po’ più zen!

Giuseppe Zanotti fotografato da Piero Cattani e Roberto Morellini, intervistato da Andrea Camarda e Lorella Monchi