A Cento di Ferrara c’è un’azienda, la Bonaveri, nota in tutto il mondo. Una Factory che non solo ha creato efebici manichini per le più importanti vetrine del mondo, ma li ha trasformati in protagonisti di allestimenti museali, sfilate memorabili e apparizioni surreali in installazioni artistiche. >bmmZONE intervista Andrea Bonaveri, al timone dell’azienda col fratello Guido (nell’immagine, da sinistra: Guido Bonaveri, Livia Giuggioli Firth e Andrea Bonaveri).

Text > Lorella Monchi

Il pittore, architetto e storico dell’arte Giorgio Vasari indica come inventore del manichino fra Bartolomeo e nella vita di questo artista, dice che: “aveva opinione, quando lavorava, tenere le cose vive innanzi: e per potere ritrar panni e armi e altre simili cose, fece fare un modello di legno grande quanto il vivo che si snodava nelle congiunture, e quello vestiva con panni naturali”. Parlare di storia del manichino, oggi, significa parlare di Bonaveri, un’eccellenza di “casa nostra” che il mondo c’invidia.

Un’azienda, una famiglia. Signor Bonaveri, come cominciò tutto? Negli Anni ’50, mio padre Romano seppe inventarsi un mestiere dal proprio talento nel manipolare la cartapesta. Lavorava alla realizzazione dei carri allegorici usati per il carnevale di Cento. Da quel talento è nato un mestiere che negli anni ha portato l’azienda a strutturarsi, a crescere, a diventare un punto di riferimento nel mondo dei manichini. Vendiamo in tutto il mondo, ma le nostre radici sono qui, come sono di qui le persone che hanno maturato competenze specialistiche, parlo delle sarte per i rivestimenti di tessuto, degli scultori del nostro atelier di scultura…

Infatti, chiamarli manichini è riduttivo… Assomigliano, piuttosto, a vere e proprie opere d’arte… L’arte è l’origine di tutto. Fa parte della nostra cultura, ci ispira. Anche per questo le nostre figure hanno una particolare grazia, personalità, una bellezza ineffabile direi. Poi, tecnicamente sono figure che hanno la capacità di vestire bene l’abito, sono maneggevoli, sono versatili. Sono dei prodotti di alta manifattura nati da una visione ispirata del senso della forma.

Lavorate per i fashion brand più noti al mondo. Come siete arrivati a traguardi così ambiziosi? È stato un processo graduale. Quasi naturale direi. Il mondo della moda si è via via strutturato mano a mano che anche noi maturavamo una nostra più percepibile identità estetica. E a un tratto, ci siamo trovati a parlare la stessa lingua, a poter soddisfare le stesse esigenze.

Se dovesse individuare il momento preciso nel quale la sua azienda ha definitivamente raggiunto la notorietà a livello mondiale sarebbe…? A metà anni 2000. Quando, grazie a delle collezioni di particolare successo, abbiamo potuto fare un salto dimensionale importante, abbiamo anche cominciato a lavorare con i musei della moda come il Metropolitan di NY, il V&A di Londra…

ECO-MANNEQUIN, Bonaveri – 2016

Moda, cinema, esposizioni d’arte, design… qual è l’ambito nel quale vi sentite più a vostro agio? Certamente la vetrina. È l’ambiente per il quale i manichini sono nati, è il luogo nel quale vanno in scena i racconti visivi dei nostri clienti, per i quali il manichino è stato pensato fino dalla sua genesi. Significa riuscire a creare figure che sappiano interpretare esigenze anche molto diverse tra loro.

L’allestimento più impegnativo che avete curato? Probabilmente il lavoro presso il Museè des arts decoratif di Parigi per la mostra Louis Vuitton Vs Marc Jacobs. Si trattava di realizzare dei manichini articolati dalle caratteristiche estremamente complesse, e di farlo in tempi molto stretti.

Nuove frontiere, per raggiungere sempre nuovi traguardi chiedono un costante sviluppo tecnologico, ma il vostro lavoro è fatto anche di artigianalità e manualità, giusto? Come coniugate questi due aspetti apparentemente antitetici? La radice manifatturiera, artigianale è parte del nostro modo di lavorare. L’industrializzazione attiene ai processi, ma prodotti di questa qualità richiedono un’alta componente di lavoro manuale specializzato. Sono lavorazioni ad altissimo valore aggiunto che ci consentono di soddisfare gli standard di qualità della moda.

E poi c’è il vostro impegno nel sostenibile. Avete da poco presentato a Londra, insieme a Eco-Age della signora Livia Giuggioli Firth, al British Fashion Council e al BAFTA, l’innovativo BNatural… quali motivazioni vi hanno spinto in questa direzione? Non ci può essere qualità senza responsabilità. Viviamo tutti nello stesso pianeta e crediamo sia un dovere porsi domande profonde, come: cosa succederà dopo di noi? Ciascuno può influire, anche solo scegliendo cosa comprare quando va a fare la spesa. Per questo ci siamo posti l’obiettivo di realizzare il primo manichino biodegradabile. Ci abbiamo messo quattro anni fatti di ricerca, di investimenti, di test falliti. Ma alla fine, ce l’abbiamo fatta. È il prodotto di cui vado più fiero.

Da osservatori privilegiati, quali pensate siano le nuove frontiere del vostro settore? Venite a Düsseldorf in marzo, alla fiera Euroshop presenteremo quello che crediamo essere il nuovo volto del manichino.