Le principali case di moda hanno oramai offuscato i confini di genere presentando contemporaneamente sui catwalk sia le creazioni maschili che femminili. Di più: perché mai non destinare lo stesso modello di camicetta con fiocchi o di blazer a fiori a lui e a lei? Fluidità di genere o moda a-gender è la parola d’ordine.
Sul finire degli anni Settanta la moda inizia a codificare quello che allora si chiamava abbigliamento unisex. Fu Giorgio Armani a proporre per primo giacche fluide e decostruite nelle sue collezioni femminili segnando l’estetica in tema di abbigliamento almeno fino alla metà degli anni Ottanta.
In tempi più recenti l’abbigliamento gender neutral è diventato la norma, i reparti di abbigliamento maschile e femminile sono in effetti sempre meno distinguibili e i capi senza connotazioni di genere ottengono l’imprimatur del mainstream quando prima Zara e poi H&M fanno uscire le loro collezioni a-gender. Le principali case di moda hanno oramai offuscato i confini di genere presentando contemporaneamente sui catwalk sia le creazioni maschili che femminili.
Di più: perché mai non destinare lo stesso modello di camicetta con fiocchi o di blazer a fiori a lui e a lei? Fluidità di genere o moda a-gender diventa la parola d’ordine. Emblematico il caso Gucci che con le sue stampe bold disegnate da Alessandro Michele è, però, solo una delle mille interpretazioni che i designer danno dell’abbigliamento gender fluid: le linee di J.W.Anderson, i colori di Thom Browne, i cache-coeur in satin del brand Neith Nyer e le trasparenze e i crop top del duo tedesco Eckhaus Latta interpretano sui catwalk di tutto il mondo la moda libera dagli schemi di genere tipica, appunto, della generazione dei millennials.
Insomma, nella comparto fashion il genere fluido “is the biggest thing”!
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